martedì 6 gennaio 2009

linguaggio sms

Fino a pochi anni fa lo scambio epistolare era un genere letterario. Ora, con fax, e-mail e Sms è diventato una pratica veloce e immateriale. Ecco un confronto tra ieri e oggiLe lettere sono state per lunghi secoli il solo mezzo per comunicare qualcosa a persone lontane: affidate a materiale cartaceo (senza contare altri supporti usati in epoche più antiche) e portate da un luogo all'altro da qualcuno che le prendeva con sé, che se ne faceva carico muovendosi con i mezzi di trasporto disponibili. Se questo accade ancor oggi e la vecchia posta continua a viaggiare per il mondo, la forma epistolare appare però piuttosto in crisi; ma allo stesso tempo fax, e-mail e messaggi sui cellulari sembrano dar luogo ad una prepotente resistenza della scrittura, per via telematica e digitale. E’ certo comunque che scrivere o leggere una e-mail è qualcosa di molto diverso dallo scrivere o leggere una lettera tradizionale: oltre alla velocità, c'è uno statuto diverso della scrittura e della comunicazione stessa. Il recente libro di Maria Luisa Doglio, L'arte delle lettere. Idea e pratica della scrittura epistolare tra Quattro e Seicento permette di affacciarsi su alcuni grandi esempi di scrittura epistolare italiana nel periodo trattato (il tempo lungo delle grandi modificazioni da cui è sorto il mondo moderno). L'autrice aveva già esplorato un "genere" di particolare interesse nel volume Lettera e donna. Scrittura epistolare al femminile tra Quattro e Cinquecento (Bulzoni, Roma 1993); seguendo i caratteri della scrittura delle lettere nella fase storica considerata, mettendo in luce il rilievo sociale e culturale che essa assunse, i modelli che essa elaborò e diffuse, il nuovo libro ci invita a porre qualche domanda sul destino attuale della pratica epistolare, sui modelli che si svolgono nei nostri messaggi viaggianti sugli schermi, senza più buste e senza più mezzi fisici di trasporto.Dieci i casi presentati, dall'umanista Enea Silvio Piccolomini (poi papa Pio II), che ha affidato alla scrittura epistolare latina (lettera al giurista Mariano Sozzini del luglio 1444) una novella che ebbe grande fortuna, nota come la Storia di due amanti , al barocco Emanuele Tesauro, autore del trattato Arte delle lettere missive (stampato nel 1674). In questo viaggio nel tempo incontriamo scrittori notissimi (in primo piano gli eccezionali epistolari di Machiavelli e Tasso) e scrittori meno noti, scritture private e scritture ufficiali, lettere scritte per "informare" e "formare", senza alcun intento di raccolta a stampa e lettere scritte per "costruire e pubblicare un libro". In questa molteplicità di scritture si danno mutamenti consistenti dell'idea stessa della lettera, del suo stile, della sua funzione, del suo uso. Il grande umanista Giovanni Pontano, che scrive lettere sia in latino che in volgare, sia a nome proprio che a nome del principe (come segretario del re di Napoli), giunge a fare della lettera una sorta di "manifesto", di vero e proprio modello ideologico.Matteo Maria Boiardo usa nelle lettere modi burocratici, da vero e proprio "funzionario" collocandosi su di un terreno opposto a quello dell'invenzione fantastica del suo Orlando innamorato. Niccolò Machiavelli, che pure ha compilato una fittissima serie di lettere come segretario della seconda cancelleria della Repubblica di Firenze, nella sua corrispondenza privata si affida ad una "varietà" di materia e di registri, che gli permette anche di farne un luogo "della costruzione dell'immagine di sé" e della propria riflessione politica. Nel corso del Cinquecento si diffonde la tendenza a raccogliere le lettere volgari in libri a stampa, sia antologie di autori diversi, che raccolte di autori singoli: e in particolare le antologie (come quella qui studiata del piemontese Stefano Guazzo) tendono ad offrire modelli di scrittura, veri e propri repertori di temi e di formule molto ricercati dal pubblico.Il fittissimo epistolario del Tasso è invece quasi un modo di esistenza personale, radica la lettera nell'autobiografia, ne fa una sorta di diario intimo, di ostinata difesa di se stesso, di dialogo con le proprie ossessioni: per il grande poeta le lettere giungono ad assumere una vera e propria presenza fisica, e anche il loro smarrimento può essere fonte di angoscia, al punto che egli arriva a sospettare che certe lettere gli possano essere sottratte da un "folletto" (da cui nella sua malattia egli crede di essere insidiato). Arrivando al Seicento, si giunge infine alla lettera come "palestra" per "esercitare l'ingegno", luogo di proliferazione metaforica e di invenzione artificiale: e sullo sfondo si affacciano i vastissimi epistolari del Settecento, la nuova diffusione che in quel secolo avrà la scrittura delle lettere, strumento essenziale della nuova cultura "critica", della conversazione e dell'investigazione razionale, come in seguito dei più vari abbandoni sentimentali (e non a caso il Settecento vedrà il trionfo del genere del romanzo epistolare).Non so se possa accadere che il nostro scrivere attuale, i nostri velocissimi messaggi digitali assumano, nel tempo, i caratteri di un'arte dalla vicenda così ricca e complessa come quella illustrata dalla Doglio: ma è certo comunque che, rispetto a quella tradizione, essi si appoggiano non solo su strumenti diversi, ma su una nozione ben diversa del tempo e dello spazio della scrittura e del loro rapporto con il tempo e lo spazio della vita. I messaggi rapidi e immateriali che affidiamo alla nostra trionfante tecnologia e che essa ci scarica addosso, per la loro stessa rapidità e per il loro stesso proliferare, sembrano in effetti evaporare e perdersi nell'atto stesso in cui si danno, non sembrano mirare a nessuna possibile arte: la stessa comunicazione sembra annullata dalla sua inflazione, dal suo perpetuo circolare.

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