lunedì 4 febbraio 2008

guerra civile in kenya

Nairobi - Sono almeno 250 le persone uccise in Kenya negli scontri seguiti alla rielezione del presidente Mwai Kibaki. "E' questo il dato che a noi risulta - ha affermato il segretario generale della Croce Rossa kenyota Abbas Guled - ma non è aggiornato con i dati della notte appena trascorsa".
Kisumu, la città nel cui obitorio sono stati ammassati più di cento cadaveri, è nel cuore del territorio dei Luo, l'etnia del leader dell'opposizione Raila Odinga, ed è stato uno degli epicentri della rivolta dopo la proclamazione della vittoria di Kibaki. La rabbia è esplosa dopo che Odinga è stato dichiarato perdente dalla commissione elettorale con uno scarto minimo di voti (4.584.721 per Kibaki contro 4.352.993 per Odinga). La televisione ha mostrato vere e proprie battaglie.
Cinquanta bruciati vivi in una chiesa Sarebbero una cinquantina le persone bruciate vive all'interno di una chiesa data alle fiamme a Kisumu. Si erano rifugiate nell'edificio sacro per fuggire alle violenze quando sono state appicate le fiamme. La notizia è stata data dalla Croce Rossa locale che ha fatto sapere che "42 persone gravemente ustionate sono state ricoverate in ospedale" ma di non essere in grado di confermare il numero preciso dei morti.
La chiesa cristiana data alle fiamme ad Eldoret (ovest del Kenya) era di rito Wakorino. Una chiesa che affonda le sue basi su riti ancestrali dell'etnia kikuyo. Lo si apprende da fonti molto attendibili, anche se non ancora ufficiali. Se vero, tutti i morti, e i numerosissimi feriti, sarebbero quasi certamente kikuyo. Questo darebbe un impulso drammatico ai sanguinosi scontri in corso in Kenya (il cui bilancio sfiora ormai i 300 morti negli ultimi cinque giorni), scontri che di politico ormai non hanno più nulla, ma che sono divenuti sostanzialmente a base etnica.
Secondo alcune fonti religiose, sarebbero ormai a centinaia i Kikuyu, terrificati, che hanno cercato rifugio nelle chiese della zona della città keniana occidentale di Eldoret, dove molte case sono state date alle fiamme e dove è ormai pericoloso muoversi. Quella kikuyo è la principale etnia del Paese, e dall' indipendenza (1963) ha avuto sempre nelle sue mani quasi tutto il potere: dai livelli più alti, fino ai più piccoli posti impiegatizi. Tendenza accentuatasi nei cinque anni di presidenza di Mwai Kibaki - confermato al suo posto dalle ultime, contestate votazioni - anche lui di etnia kikuyo. Il leader dell'opposizione, Raila Odinga, è invece un Luo, la terza etnia del Paese, ma molto potente economicamente e culturalmente. Al suo seguito c'erano non solo la gran massa dei diseredati keniani, ma numerosi dei circa 40 altri (tra grandi e piccoli) gruppi etnici keniani, stanchi dello strapotere kikuyo. Questa si sta rivelando la vera chiave di lettura della gran parte delle uccisioni di questi giorni: scontri etnici che evocano gli spettri non lontani del Ruanda.
Quattromila italiani in vacanza La Farnesina segue "con preoccupazione" l'evolversi della situazione in Kenya, "non escludendo un peggioramento della situazione", tuttavia ricorda che "gli scontri e le violenze non coinvolgono occidentali e non sono dirette contro i turisti" e invita i tour operator "a prevedere ulteriori voli" per il rientro dei nostri connazionali, "se necessario". Lo ha precisato il capo dell'Unità di crisi della Farnesina, Elisabetta Belloni, confermando che gli aeroporti del Kenya sono tutti aperti anche se possono registrarsi alcuni "ritardi o difficoltà". Naturalmente i numerosi turisti italiani che hanno scelto di passare le vacanze di Capodanno in Kenya (oltre 4000, soprattutto a Malindi e sulla costa) sono stati invitati a rimanere in stretto contatto con gli operatori turistici ed ad osservare misure di "massima prudenza". La Farnesina "sconsiglia" ai turisti italiani di partire in questi giorni per il Kenya. Ulteriori informazioni si possono trovare sul sito 'viaggiaresicuri.it'.

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